IL DOLORE E IL CAMBIAMENTO
Che cosa ci impedisce di cambiare laddove abbiamo resistenze che ci trattengono? Perché è così difficile?
Citando il buon Jorge Bucay, spesso è proprio con il dolore che ci contrapponiamo all’inerzia che ci blocca. Giriamo a vuoto dentro di noi, finché una sofferenza acuta, una situazione intollerabile ci spinge a muoverci. In realtà, prima che arrivi il mal-essere, l’inconscio ci manda moltissimi segnali, ma non sempre abbiamo la voglia e la capacità di ascoltarli
La conseguenza, allora, è che solo un sintomo molto forte ci costringe a fermarci e a prendere in considerazione qualcosa che si muove, nonostante noi. Quindi è un cambiare per allontanarci dal dolore, che il più delle volte ha la connotazione dell’urgenza e dell’emergenza
Abbiamo un Parlamento al nostro interno, con un’ala progressista che tende al nuovo ed una conservatrice affezionata alla situazione in cui si trova. Quasi sempre tendiamo a identificarci con la parte progressista e a trascurare la conservatrice, che ha i suoi motivi per restare dove si trova! Il fatto di non ascoltare quest’ultima, e quindi tutte le esigenze interne, è il motivo per cui non riusciamo a cambiare
Quando lo facciamo affrontando gli aspetti conservatori, infatti, smettiamo di sottovalutarne i motivi, li osserviamo e li comprendiamo e questo, apre in modo naturale e senza sforzo, lo spazio al cambiamento
IL CAMBIAMENTO E LA BELLEZZA
Quanto esploriamo la nostra bellezza, quanto ne sfruttiamo il potenziale, confrontandolo con i dati di realtà e lasciando andare ideali che non ci corrispondono più o del tutto? La bellezza è armonia, integrazione tra segni interni e segni esterni. Basterebbe, ad esempio, variare i gesti che facciamo ogni mattina davanti allo specchio, cominciando a giocare con questa nostra parte estetica, rendendocela familiare e affettiva
Il nostro cervello è plastico e le nostre strutture nervose si modificano a seconda degli stimoli, anche ambientali. Siamo quindi programmati per evolvere e crescere più che per sprofondare in poltrona depressi. E gesti e linguaggio fanno una parte non da poco!
Raccontarci storie restando in situazioni faticose, noiose, ma comunque comode; lamentarci rafforzando circuiti che ci mantengono nello stato di sofferenza e obbligarci alla parola “devo”, ci impediscono la realizzazione di ogni progetto
IL PIACERE E LA FELICITA’
Siamo un po’ tutti vittime dell’inquietudine che ci spinge a consumare benessere, lontani dal trarne piacere. La felicità è un’alleanza interna, tra noi e noi, che dura e avanza non invecchiando, ma generando futuro: una scoperta inesauribile da perfezionare day by day attinente al nostro presente, che non è l’istante, ma il circostante
Essendo legata allo sviluppo, all’espansione e al movimento verso la nostra realizzazione, non potrà mai essere uno stato definitivo. Spesso la confondiamo con attimi di eccezionalità, pretendendo costantemente l’acme e non riconoscendole la caratteristica di grazia o di dono
E’ invece una dimensione che ha a che fare con noi, di armonia con il mondo, uno stato di grazia che ci spiazza, perché accade e basta. Diventando un timbro dell’esistenza, che ci regala disponibilità e curiosità e ci garantisce l’incontro con la bellezza. Ed è, con il dolore, la più intima delle esperienze
Chi la raggiunge ha nei confronti della vita un atteggiamento di semplicità, di lievità e la capacità di saper dire “Sto bene”. Il “sono felice” è il passo successivo.